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[MULTI CULTI] Trappole incombenti nei negoziati interculturali

Uno degli effetti positivi della globalizzazione è la creazione di società e conduzione di progetti congiunti tra persone provenienti da diversi paesi. La conseguenza naturale di questa situazione è che si negozia non solo all’interno della stessa cultura, ma anche tra persone di diverse opinioni, abitudini, stili comportamentali come anche di etichette aziendali. Spesso la mancanza di consapevolezza di queste differenze può persino impedire la firma di contratti plurimilionari.

Buona partnership o risultati?

Prima di iniziare un dialogo interculturale è indispensabile comprendere lo scopo della riunione. Questo Vi sembra ovvio? A tutti preme di concludere bene l’affare! Tuttavia viene fuori che le priorità di entrambe le parti possono divergere. Per i negoziatori propensi a concludere la transazione l’obiettivo sarà quello di firmare il contratto più favorevole. E qui probabilmente finiranno le relazioni commerciali. D’altra parte, per i negoziatori propensi alla partnership il contratto sarà una questione secondaria in quanto saranno le buone e durature relazioni il fattore che giocherà il ruolo principale.

Ad esempio, gli Italiani tendono ad accorciare le distanze interpersonali nei negoziati. Prima di firmare contratti più importanti e fare affari, vogliono meglio conoscere la controparte. Tipicamente, i negoziati con gli Italiani richiedono molto più tempo e, di conseguenza, nelle conversazioni, spesso, spunta il tema della famiglia o argomenti riguardanti la vita privata.
Gli Americani invece concentrano la loro mente su un determinato progetto e non sentono la necessità di stringere relazioni a lungo termine. La cultura americana nei negoziati punta ad ottenere risultati rapidi e soluzioni analitiche. Sono molto apprezzate la velocità d’azione e la concretezza mentre le relazioni interpersonali vengono messe in secondo piano. Con questo atteggiamento contrasta la strategia di negoziazione dei Cinesi, basata sul concetto di guerra del medievale Sun Zi. Qui la cosa importante è il processo stesso di conoscenza del “nemico”, osservando attentamente i suoi comportamenti durante gli incontri informali e formali. Nonostante le ispirazioni bellicose si attribuisce una grande importanza alla risoluzione dei problemi sulla base di una reciproca comprensione.

Negoziati – c’è spazio per le emozioni?

Possiamo cercare di evitare di mostrare le proprie emozioni in situazioni professionali, ma un certo grado di emotività nei comportamenti trapelerà sempre e riguarda tutti, specie quando si negoziano progetti di vitale importanza per l’azienda. Ogni cultura esprime a suo modo le emozioni: gli Italiani, grazie alla loro vivace gesticolazione, sono in grado di sostituire molte parole. I Giapponesi e i Cinesi considerano un passaggio troppo veloce ed entusiasta al nocciolo dell’affare come atteggiamento irrispettoso nei confronti dell’interlocutore e mostrare delle emozioni rabbiose, anche se considerate normali nei paesi di cultura araba, significa praticamente rompere irrimediabilmente la relazione.

L’emozionalità delle culture è descritta in modo interessante dalla teoria sviluppata da Fons Trompenaars e Charles Hampden-Turner. Questi ricercatori mostrano le differenze culturali attraverso la metafora della frutta: pesche e noci di cocco. I rappresentanti del primo tipo sono partner commerciali, che all’inizio dell’incontro mostrano una grande cordialità, sono aperti, inclini a parlare di questioni private, ma nelle fasi successive passano ad argomenti concreti. Un buon esempio di rappresentanti della teoria della pesca sono i Brasiliani e gli Americani. D’altro canto la metafora della noce di cocco indica partner d’affari, che all’inizio possono sembrare scortesi e molto concreti. Gli inizi del rapporto con loro sono talvolta assai difficili, ma quando conosceremo meglio il nostro “nemico” scopriremo che egli possiede un fondo molto “tenero” (soft)’, e il rapporto con lui viene stretto per lunghi anni. Esempi di tali persone possono essere i Tedeschi oppure i Norvegesi.

Le emozioni che ci guidano vengono riflesse anche dal nostro linguaggio del corpo. Il suo significato è enorme specie se consideriamo una conduzione comune degli affari. Durante i negoziati, potrebbe succedere che gli Spagnoli, Francesi e Italiani invadano troppo la nostra zona di comfort attraverso il tatto, per esempio appoggiando la mano sulla nostra spalla. I Giapponesi e gli Americani evitano questo tipo di contatto. Il nostro linguaggio del corpo è molto importante nella fase iniziale del nostro rapporto. Si dice anche che la buona impressione la si può fare solamente una volta, per cui concentriamoci anche sul momento dell’accoglienza. I Tedeschi solitamente usano una breve stretta di mano e la scuotono due volte. I Francesi e gli Italiani saranno più aperti e potranno stringere la mano più volte. Nei successivi incontri possiamo aspettarci anche qualche bacio sulla guancia! Nelle trattative con i Giapponesi ricordiamoci sempre dell’inchino gerarchico dove la persona di grado aziendale inferiore fa l’inchino più profondo.

Cultura di alto o basso contesto comunicativo?

Le persone possono essere divise in quelle che comunicano direttamente i propri pensieri e altre che utilizzano con abilità e sottilmente allusioni e sottotipi. Un negoziatore internazionale deve essere in grado di affrontare entrambi i contesti. Quindi le culture con un alto contesto di comunicatività usano l’allusione e occorre saper leggere tra le righe per capire appieno il messaggio. Quello che conta è il contesto situazionale in cui vengono usate le parole è importante – il messaggio non ha un significato letterale, non è limpido e ben definito, mentre è pieno di sfumature e parole non dette. Sono esempi significativi di tali culture il Giappone e la Cina. I paesi dell’Europa occidentale e del Nord America sono caratterizzati da un contesto culturale basso o medio in cui conta quello che è stato detto in modo diretto: viene qui apprezzata l’onestà e la chiarezza. Ciò richiede una grande distanza dalle persone con una cultura di alto contesto, per le quali chiamare determinate cose in modo diretto, una mancanza di diplomazia sono imperdonabili.

La cultura è innanzitutto l’eredità dei valori, delle abitudini di un determinato gruppo sociale. In ogni gruppo sociale si formano comportamenti, con cui poi ci identifichiamo e li facciamo diventare nostri. La cosa più importante per un negoziatore è quindi la loro comprensione e accettazione. Cerchiamo sempre di tenere in considerazione il fatto che all’interno di ogni popolo le persone differiscono l’una dall’altra – cerchiamo quindi di adattare la strategia della negoziazione a seconda di chi abbiamo di fronte. È importante non solo la nazionalità, ma anche l’esperienza negli affari e il tempo che uno ha trascorso all’estero. Sembra che la barriera linguistica non sia tutto! Ci sono anche delle intenzioni nascoste dietro le parole.

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